Centro Culturale Pietrapapa

Graffi di vita quotidiana, personaggi solitari, profili stanchi, gruppi  di figure antiche che si susseguono come in una lenta processione, alternata da squarci di mare o da mare che si immagina là, sotto l’orizzonte.

Pontili immobili su un’acqua ferma. Coppie innamorate, finestre come occhi, canali di Venezia, portoni chiusi, scale e muri come muraglie, riflessi di vita nell’acqua e sui vetri. Miseria attuale e ricchezza antica. Questa la testimonianza, in bianco e nero, che Sebastiano Messina lascia ai suoi interlocutori. Una testimonianza silenziosa, magistralmente professionale, fermata lì, nel tempo: immobile e pur viva, muta ma profondamente convincente.

Ed è qui che la tecnica diventa arte, assurge a poesia, respira di spazio, pur nella cornice, nel limite che la circonda. Ma il racconto, la leggenda esce fuori: travalica i confini, entra nella retina e raggiunge il cuore.

Un segno pieno, tondo, che avvince chi guarda.

E così nel colore: anche se la materia cambia di consistenza. Il denominatore si evolve e si arricchisce di manipolazione. La tecnica si fa più raffinata e tende al surreale.