Le Pietà di Tano D’amico e Eugene Smith

Non avendo mai mercanteggiato la sua fama in ipocriti scambi con i critici di ultimo grido, non essendo associato all’agenzia Magnum né ad altra consorella minore, ma avendo sempre perseguito la sua strada e ricerca senza compromessi, Tano D’Amico risulta assente da tutte le grandi mostre retrospettive inneggianti alle immagini più o meno famose di 150 anni di fotografia.
Eppure Tano è tra i più grandi fotoreporter italiani, sicuramente tra i più amati e conosciuti, quello che ha prestato gli occhi a venti anni di storia italiana e non.
Nelle sue immagini ritroviamo tutto il suo carattere schivo ma determinato, la grande gentilezza e quell’immensa dolcezza che hanno conquistato tutti coloro che lo hanno conosciuto; i suoi soggetti rimandano attraverso la sua sensibilità tutta la loro umanità, la dignità, la volontà e le possibilità di riscatto.
Sì perché suoi soggetti sono quelle donne e quegli uomini da sempre costretti dalla parte del torto pur avendo mille ragioni; e Tano è lì a tirarle fuori queste ragioni, a organizzarle, a inventarle, per lasciarle indelebili nella storia, per dar loro forza di trasformazione.
Nelle immagini che qui proponiamo abbiamo voluto accostare Tano D’Amico a un altro grande della fotografia, Eugene Smith, che egli ama moltissimo, e che gli è molto simile per sensibilità e per scelte di vita, così lontani entrambi sia dai facili onori che dai facili guadagni.
Li abbiamo voluti accostare, nelle poche immagini che ci è possibile pubblicare, sul tema della “Pietà”. Pietà come sentimento di dolorosa partecipazione alla sofferenza e condizione umana, e pietà come emblema dell’iconografia dell’arte classica.

Sebastiano Messina