Lo stomaco della mente

È lecito pensare che il cibo, così strettamente e spesso drammaticamente le­gato all’esistenza umana, debba per forza avere un legame profondo con l’attività ideativa e immaginativa dell’uomo.

Negli studi etnologici come nei dati ricavati dalle arti figurative e soprattutto nelle analisi di Propp dei racconti tramandati come fiaba, il mangiare (o Tes­ser mangiati) è coinvolto profondamente nei significati psicologici del­l’assunzione di identità con la cosa mangiata (o con il divoratore), per la sua posizione centrale nei riti iniziatici e nel rapporto tra vita e morte e morte e nascita, come nella “favolosa” produzione di immagini archetipe di luoghi fisici e mentali, di mostri, personaggi e oggetti fatati. Le immagini fotografiche che accompagnano questo nostro lavoro biblio­grafico, vogliono essere un contributo creativo al tema del cibo magico nel­la letteratura infantile proprio a partire da quegli archetipi dell’incoscio col­lettivo dell’umana specie tramandati per tradizione orale e dell’immagina­rio collettivo strutturati nei racconti di fate.

Nella loro fattura è stato fatto abbondante uso cosciente di quei meccanismi di condensazione, spostamento, e indifferenza alle categorie di spazio e tempo che sono alla base dell’espressione simbolica come creatività. Ci piace infatti pensare alla simbolizzazione, sia vigile che onirica, non già e non soltanto come ad un prodotto del conflitto e della rimozione, ma come ad una esigenza umana, che ha un suo proprio linguaggio, o meglio ancora, che é essa stessa linguaggio.

La formazione delle immagini d’altra parte, precede nello sviluppo cogniti­vo e psichico dell’uomo la formazione dell’io e della parola, e della loro strutturazione e organizzazione le immagini si nutrono e quindi si sviluppano. Il pre-razionale è il grande serbatoio dell’immaginario, a cui attingere senza tema d’esaurimento, e il spgno ne è la rappresentazione creativa naturale. Il sogno rappresenta fascinosamente e ambiguamente più situazioni, più og­getti e soggetti contemporaneamente, con una complessità descrittiva che la parola e la scrittura, costrette ad occuparsi di un solo concetto alla volta, non raggiungono. L’immaginario rappresentato evoca nello spettatore le ri­sposte dei mille specchi del suo inconscio in un rimando infinito di sensazio­ni ed emozioni.

Nella produzione di immagini inerenti il cibo, sia pur magico e digerito dallo stomaco della mente, non potevano mancare anche concrete allusioni alla nostra società del benessere, fagocitante valori e dimensioni umane nella sua mostruosa e bramosa corsa a produrre, immagazzinare e divorare. Una società dell’accumulo, obesa e alienata, che salvatasi dalla morte per fame sta morendo soffocata dai suoi stessi escrementi e rifiuti. Una società in cui attraverso le immagini si veicola ormai qualsiasi tipo di messaggio, e quelli sul cibo, più di altri, hanno la caratteristica di prestarsi all’imposizione pubblicitaria, alla persuasione occulta al consumo, che in­grassando pance e profitti si fa base dell’omologazione e alienazione umane. Forse in questo potrebbe essere identificata quella fine della storia di cui tan­to da più parti si vagheggia; ma se, come altri pensano e sperano, il cammi­no della storia non si è interrotto, non si può interrompere, anche tutto que­sto troverà il suo posto nell’inconscio collettivo e nella storia antropologica e documentale del futuro.