Oltre lo Specchio

PALERMO, (sit) I pennelli imbevuti di mille colori fanno da tramite tra due masse: se una delle due sembra proprio una tavolozza, l’altra pare davvero un prezioso fondoschiena.- «Physique du rò­te» è soltanto una delle foto surreali esposte da domenica e fino al 6 novem­bre prossimo, a Villa Niscemi, nella col­lettiva “Oltre lo specchio” – fotografie della surrealtà».

La mostra, presentata a Roma, lo scor­so maggio, presso il Museo della Civiltà Romana, è curata da Sebastiano Messi­na,- mentre a Palermo è stata portata dal­l’Associazione Imago.

«Nulla si sa, tutto si immagina» scrive­va il buon Fellini, e veramente tutto è la­sciato all’immaginazione scorrendo le foto esposte: le onde del mare lambisco­no Trinità dei Monti in uno scatto di Francesco Cascioli, o una lama taglia senza pietà una immagine femminile.

Foto crude, scatti troppo irreali e co­struiti che colpiscono con la forza di una scudisciata.

Il corpo-violon di Man Ray si nascon­de sotto una scrivania quasi a nasconde­re il resto dello strumento che, vivo, bu­ca il piano del mobile: è un’immagine, questa, di Claudio Spoletini, lo stesso che ha firmato le «Physique du ròte» de­scritto poco sopra; oppure 1 sette nanettl di disneiana memoria ammiccano furbi agli amplessi degli dei in «Mammillare» di Maria Cristina Biggio.

Il più artefatto, costruito, violento e bello è sicuramente lo stesso curatore della mostra, Sebastiano Messina che nello scatto «Ventiquattrore per fuggi­re» meraviglia con una testina di fanciul­la posata in una valigetta che, si immagi­na, presto si chiuderà con uno scatto.

O anche, dello stesso autore, i due pol­li spennati che muovono i pezzi degli scacchi con il becco adunco.

Si scappa, si fugge dalla semplice im­magine testimone della realtà visiva: la fantasia del fotografo crea la trasforma­zione, rappresenta qualcosa che non c’è, non si vede, si immagine ciascuno a suo modo.

Il fotografo rincorre lo spettatore, lo cattura con lo scatto e lo trascina nel mondo onirico dell inconscio. Può essere un tentativo per fuggire la realtà, se vo­gliamo leggere il tutto in chiave sociolo­gica; ma si può anche scoprire la corsa alla scopela di ciò che esiste oltre lo specchio della fotografia.

Per far qusto gli autori che espongono i loro lavori in questa collettiva, undici in tutto, hanno utilizzato le tecniche più diverse: «chi ha usato la multiespostzio-ne, contraendo e dilatando a piacere lo spazio e il tempo — come spiega io stes­so Sebastiano Messina — chi ha sovrap­posto le Immagini obbligando la realtà alla coesistenza con i propri fantasmi; chi ha sospeso gli oggetti in un mondo irreale, chi invece è proprio intervenuto pittoricamente sulla foto, fermando poi tutto in una sola immagine».

Alla fine lì risultato è unico e irripeti­bile: le foto attirano, sconcertano, mera­vigliano, piacciono. Sono Immagini tea­trali, dove il palcoscenico è la foto, la fantasia, il colore, la memoria, sono gli attori.

È lo stesso Messina a citare 11 Cotro-neo dei «Giganti» pirandelliani/«Se lei. Contessa, vede ancora la vita dentro i li­miti del naturale e del possibile, l’avver­to che tei non comprenderà mai nulla. (…) a noi basta Immaginare, e subito le im­magini si fanno vive da sé». Possiamo ag­giungere, non senza una gran dose di Ironia.